Qualche giorno fa mi sono trovato a chiacchierare con un utente che si lamentava poiché, sebbene fosse riuscito a portare più visite sul proprio e-commerce, queste visite non si erano tradotte in un aumento delle vendite.

Detto in altre parole, quel commerciante ha scoperto sulla propria pelle (e con i propri soldi) che “Visite != Soldi” (le visite sono una cosa diversa dai soldi). Qual è stato l’errore di quel commerciante?

Il primo errore è sicuramente nel credere  che l’eguaglianza “Più visite = Più vendite” sia vera. Ragionare in questi termini ti porta a credere che basti pubblicizzare un po’ di più il sito e-commerce per aumentare automaticamente il numero di persone che acquista.

Il ragionamento, in teoria è logico, ma non tiene conto di alcune considerazioni che invece andrebbero fatte, non tiene conto di alcune variabili fondamentali.

E non sto parlando delle ottimizzazioni on-site (come per esempio quelle relative al checkout): se fosse quello il problema, un aumento, seppur minimo, si sarebbe dovuto registrarlo comunque. E invece così non è stato. Dunque, quale potrebbe essere la causa?

Il punto di partenza è sicuramente il fatto che sono state portate più visite sull’e-commerce. Ma la domanda rimane: perché il numero di ordini non è aumentato? Forse, il bandolo della matassa sta proprio nel tentativo di portare più visitatori sul sito.

Per portare più visitatori su un sito, oggi, ci sono davvero molti strumenti e molte strategie. Il risultato è sempre lo stesso, cioè un incremento del numero di visitatori, ma alla fine queste visite non è detto che si trasformino necessariamente in acquirenti.

Per portare più visitatori su un sito possiamo usare Facebook, Google, i comparatori di prezzo, la pubblicità, il blogging, ecc.

Però c’è una riflessione che spesso non si fa quando si tratta di decidere il COME portare queste persone sul proprio sito: infatti, alcuni si basano sul costo di queste acquisizioni, altri si basano sulla facilità d’uso del canale promozionale, altri ancora si fidano di quanto gli viene detto dal consulente e-commerce o dalla webagency.

Qualunque sia il motivo, la realtà è che ci si sta perdendo una considerazione fondamentale: la “provenienza” delle visite (Facebook, Adv, risultati organici, passaparola, ecc.) è importante!

La considerazione che ci si perde o che non si fa è che ogni canale (la “provenienza”) ha le sue particolarità e svolge un proprio ruolo nella strategia complessiva di promozione e vendita: per esempio, Facebook, che all’inizio portava visite in modo massiccio (e anche oggi lo fa) si credeva fosse un ottimo strumento per vendere. Poi ci si è resi conto che, invece, è utile solo come strumento “di contorno”, nel senso che ti permette di farti conoscere dal pubblico, ma non è detto che quel pubblico sia poi pronto subito per comprare.

La considerazione “corretta”: la provenienza e i tempi

Il “pubblico” è, in buona sostanza, formato da “persone” e le persone hanno dei “tempi”: se sto navigando su Facebook e, non so, trovo un post / pubblicità / suggerimento della Nike e lo clicco, questo non significa che poi comprerò dieci minuti dopo un paio di scarpe della Nike, magari sul sito e-commerce della Nike.

Più concretamente, ci sono canali che servono per farti conoscere, altri che servono per farti vendere.
A parte che i tassi di conversione su Internet sono molto bassi (rarissimamente si arriva al 5%, i conti in Excel si fanno calcolando un tasso di conversione al massimo dell’1% – IMHO), la realtà è che devi conoscere il tuo pubblico e devi essere in grado di “interpretare” lo stato mentale della persona che ti arriva da un canale piuttosto che da un altro.

Di nuovo, concretamente, se sul tuo sito arriva una persona che hai intercettato con AdWords con la chiave “dove acquistare scarpe Nike” hai maggiori probabilità che questa acquisti rispetto a un’altra che ci è arrivata da Facebook dopo che ha visto un tuo post del tipo “Guardate come sono belle le nuove scarpe Nike!”.
Nel caso del navigatore proveniente da AdWords, lo stato mentale (il cosiddetto “mindset“) è molto più vicino all’acquisto (mi sto informando sui posti dove posso comprare perché voglio comprare, mica perdo tempo – riflessione da prendere sempre con le pinze); nel secondo caso, quello del navigatore proveniente da Facebook, è diverso: quella persona stava, magari, semplicemente perdendo tempo, era in pausa relax, o altro, ma il punto è che si è trovata casualmente davanti le scarpe Nike del tuo post e si è incuriosita, è venuta sul tuo sito (sempre per curiosità) e dopo aver visto le scarpe se n’è pure andata.

Di primo acchito uno pensa che Facebook non serva a niente, ma in realtà quella persona ora conosce il tuo sito e, magari, quando dovrà comprare scarpe si ricorderà di te e verrà a comprare da te. È il cosiddetto “branding“, che ha l’obiettivo primario di far conoscere l’attività commerciale, la vendita è solo una conseguenza eventuale.

Tutto questo per dire che… vendere su Internet non è una questione di semplice numero di visitatori. Le cose sono un po’ più complicate di così e richiedono un po’ più di riflessione e di studio dei dati.

Un buon punto di partenza per approfondire l’argomento può essere questo articolo della guida di Google Analytics sull’analisi del contributo dei canali in Google Analytics.

L’argomento è molto vasto e le analisi non sono sempre così oggettive come si potrebbe credere. Tuttavia, iniziare a capire queste differenze potrebbe aiutarti a meglio comprendere quali sono i prossimi passi che potresti fare per poter aumentare le vendite del tuo e-commerce e il ROI dei tuoi investimenti in web marketing.

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